Maltrattamenti in famiglia

Come è facile rilevare anche da una lettura estemporanea di qualsiasi quotidiano, la violenza nell’ambito familiare non pare fermarsi.

La produzione giurisprudenziale, in tale ambito, è davvero proficua a motivo, anche, della non facile individuazione del perfezionarsi di alcuni reati di tale tipologia e, in particolare, per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Non è superfluo ricordare che tale reato si perfeziona quando, l’agente, maltratta qualsiasi componente della famiglia ( vedi articolo 572 del codice penale)

Sono tre, le sentenze della Suprema Corte, emanate a fine del corrente anno, in ordine alla fattispecie dei maltrattamenti in famiglia: vale la pena, quanto meno sinteticamente, esaminarle.

Vediamo la prima.

La decisione di cui alla Cassazione penale, Sezione III ( data ud. 10/06/2021) 28/09/2021, n°35622, prosegue, come già avvenuto nell’ambito di sentenze precedenti, nel rendere noto i parametri di valutazione della testimonianza della persona offesa nell’ambito del processo nonché, in modo particolarmente chiaro, “focalizza” la materialità del fatto.

Relativamente al primo punto, appare di rilievo la conferma della necessità che la deposizione della persona offesa sia supportata da riscontri estrinseci al fine di un positivo apprezzamento della stessa nonché, che tale riscontri, debbano essere vieppiù stringenti in funzione, come nel caso di specie, della presenza di sentimenti negativi, quali quello dell’odio, da parte della stessa persona offesa nei confronti dell’imputato.

Relativamente alla materialità del fatto, inoltre, la Corte ha espressamente reso noto che: “nei maltrattamenti in famiglia, la materialità del fatto, deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con più atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze. Ne consegue che per ritenere raggiunta la prova materiale di tale reato, non possono essere presi in considerazione singoli e sporadici episodi di percosse o lesioni, né un eventuale precedente specifico che può valere, soltanto, per la valutazione della personalità dell’imputato agli effetti della determinazione della pena da infliggere in concreto ( così Sez.1, n°8618 del 12/02/1996, Adamo, Rv. 205754-01)”.

Peraltro, non può sottacersi che la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione ha altresì precisato che i maltrattamenti in famiglia integrano un reato abituale che può essere caratterizzato anche per la presenza di fatti omissivi e commissivi i quali acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo; il reato di maltrattamenti in famiglia si perfezionerebbe, quindi, allorché si realizza un minimo di tali condotte collegate da un nesso di causalità ( Sezione 6, n°34480 del 31 Maggio 2012, D.L. n. Rv. 253568-01).

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