Corte Europea dei Diritti dell’uomo e suicidio assistito

Un tema quanto mai attuale di cui, di recente, si è occupata la Corte Europea dei Diritti dell’uomo è quello del suicidio assistito.

E’ importante, seppur sinteticamente, fare chiarezza anche sul termine di suicidio che, non sporadicamente, viene utilizzato in modo improprio.

Quando parliamo di suicidio è essenziale rammentare che ci riferiamo ad una prestazione di assistenza e quindi, di un aiuto, che si esplica, in particolare, sotto il profilo amministrativo e medico nei confronti di un soggetto che intende privarsi della vita.

Da notare che il suicidio assistito è cosa ben diversa dalla eutanasia poiché, in quest’ultimo caso, l’azione del medico è diretta e non mediata dalla persona che, come detto, intende privarsi dalla vita.

E’ noto che la questione, nel nostro paese, risulta in via di evoluzione malgrado dei passi in avanti siano stati fatti soprattutto con la nota sentenza della Corte Costituzionale che, si badi bene, malgrado abbia dichiarato la parziale incostituzionalità dell’articolo 580 c.p. (Sentenza n 242/2019), ha lasciato aperte diverse questioni tra cui quella se, in Italia, esista o meno un diritto al suicidio.

La questione deve essere risolta anche tenendo in debito conto sia la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e sia l’orientamento giurisprudenziale della stessa Corte Europea attraverso le decisioni da questa emanate.

In particolare, in questa occasione, si vuole descrivere il caso riguardante il medico Danese Svend Lings.

Il Dott Lings è fondatore dell’associazione medici favorevoli all’eutanasia ed è stato condannato in Danimarca per due suicidi assistiti e per un tentato aiuto al suicidio.

Il Dott. Lings, a seguito delle condanne intervenute nei suoi confronti, ha fatto ricorso alla Corte Europea lamentando la violazione dell’articolo 10 della Convenzione dei Diritti dell’uomo  che, in particolare, tutela la libertà d’espressione.

E’ d’obbligo una domanda: perché il ricorso si basa sulla tutela del diritto di espressione?

La risposta è perché il medico danese aveva pubblicato un saggio dal titolo “Farmaci indicati per il suicidio”: evidentemente è opportuno un chiarimento.

Dott. Lings sosteneva di essersi limitato a descrivere le modalità per provocare il suicidio e che quindi, qualsiasi persona avrebbe potuto sapere come suicidarsi. Peraltro, le condanne avute in patria si riferivano all’avere, materialmente, aiutato delle persone a togliersi la vita cosa questa, secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ben diversa: le Corti Danesi non hanno mai messo in discussione la libertà di espressione del medico ma, evidentemente, il fatto che i suggerimenti utilizzati dal ricorrente potessero essere rilevati nel suo saggio, non significa che il Dott. Lings potesse, in concreto, attuarli.

Relativamente al caso che ci occupa la cui sentenza è intervenuta il 12 Aprile scorso, la Cedu esprime un principio di rilievo: nella giurisprudenza della Corte non vi è alcun supporto per concludere che un diritto al suicidio assistito esiste ai sensi della Convenzione..

La Corte respingeva quindi il ricorso del Medico Danese

La decisione, facilmente consultabile sul web, abbisogna di alcune specificazioni soprattutto se si paragona la sentenza in questione con altre sentenze simili ( Vedi Haas c. Svizzera 2011).

A mio parere, un “ rimuovere” a prescindere la possibilità di giustificare giuridicamente il suicidio assistito, non può essere la soluzione.

Con l’espressione sopra indicata, infatti, la Corte Europea avrebbe potuto volere dire che in nessun articolo è espressamente previsto il diritto al suicidio assistito ma, viste le precedenti sentenze in casi diversi da quello prospettato tale diritto potrebbe, invece, evincersi quale tutelata alternativa a certe particolari situazioni.

Quanto sopra perché se il diritto al suicidio assistito fosse riconosciuto senza alcun limite, il Dott. Lings avrebbe avuto ragione cosa, questa, che non mi pare davvero possibile.

E’ evidente che la tutela delle persone più fragili, in particolare, impone una regolamentazione del diritto di cui si controverte e che, se inteso in modo assoluto, il riconoscimento di tale diritto comporterebbe importanti violazioni della Convenzione Europea tra cui, in modo particolare, l’articolo 8. che tutela il rispetto della vita personale e familiare.

Bisognerà allora attendere ancora evitando, peraltro, di sostenere una interpretazione delle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quale quella della esclusione del diritto al suicidio assistito che, proprio in considerazione della cospicua giurisprudenza in materia, non mi pare accettabile.

Il caso del Dott Lings deve ritenersi una ipotesi molto particolare e, come tale, deve essere esaminata.

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